Ecco come una semplice domanda possa mettere nel “panico” un lavoratore dipendente Pubblico… non preparato.
Il quesito mi è stato posto da un cliente che, non sapendo cosa fare, ha ben pensato di contattarci per capire quali fossero i suoi diritti ed i relativi obblighi, anche perché NON voleva andare in Pensione… “Sono ancora troppo giovane!!” mi disse.
La normativa italiana, prima con il DL n° 101 del 2013 e poi con il DL n° 90 del 2014, ha riscritto di fatto le regole sulla cessazione del rapporto di lavoro in ambito Pubblico. In definitiva dette norme hanno materialmente limitato la possibilità al proseguimento dell’attività lavorativa, al raggiungimento di determinati requisiti.
Data la confusione creata dalle sopra citate disposizioni, è servita l’emanazione di una circolare del Ministero della Funzione Pubblica, la n° 2 del 2015, con la quale di fatto si è definito nettamente l’ambito entro il quale ci si deve muovere.
Le indicazioni sono:
- Collocamento in pensione del personale al compimento dei 65 anni d’età;
- Che lo stesso abbia maturato un qualsiasi diritto alla pensione anticipata (ovviamente non tutti i tipi di pensione “anticipata” rientrano nell’obbligo)
Di fatto dovranno accettare di lasciare il proprio lavoro, per andare in pensione, coloro che hanno maturato i requisiti dei 42 anni e 10 mesi di contributi, per gli uomini, e di 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne (anche utilizzando il Cumulo). Ovviamente oltre alla solita finestra mobile di tre mesi.
E quindi, il dipendente Pubblico, cosa deve fare?
La risposta è molto semplice.
Per prima cosa bisogna verificare in quale situazione contributiva si trova, determinando se effettivamente ha o meno maturato i requisiti richiesti dall’Amministrazione.
Qualora dalla verifica emerga una situazione che non consenta l’accesso, per mancanza dei requisiti stabiliti, potrà proseguire tranquillamente l’attività lavorativa sino a maturazione, secondo normativa vigente al momento del pensionamento, del diritto per la Pensione di Vecchiaia (oggi 67 anni d’età ed almeno 20 anni di contribuzione). Se dovesse mancare il requisito contributivo minimo necessario, il lavoratore avrà il diritto di proseguire ulteriormente il rapporto lavorativo sino all’età massima di 71 anni (salvo variazioni future), ma solo se tale prolungamento consente allo stesso di acquisire il minimo contributivo previsto (ovvero 20 anni, ridotto a 5 anni per coloro che hanno versato la prima contribuzione dal 01/01/1996).
Ecco che sarà necessario rilasciare una dichiarazione all’Ente di appartenenza ove si dovrà indicare che non si è in possesso dei requisiti necessari per la pensione e che, pertanto, s’intende proseguire la propria attività sino alla Pensione di Vecchiaia.
Ovviamente non tutti gli ambiti sono uguali. Infatti, sono presenti anche alcuni limiti diversi per magistrati, avvocati ecc. ecc.
Non è inoltre escluso, per la Pubblica Amministrazione, che in determinate situazioni l’Ente possa procedere ad anticipare la cessazione del rapporto unilateralmente, fortunatamente solo in presenza di determinati requisiti contributivi.
Nel caso in cui, nel frangente temporale tra il prolungamento e la maturazione della Pensione di Vecchiaia vi fosse la possibilità di maturare il diritto all’accesso ad altra opportunità di pensione, il lavoratore potrà tranquillamente accedervi.
Quindi risulta essere determinante…
Se anche voi vi trovate in questa situazione, verificare quale opportunità pensionistica siete in procinto di maturare, oltre a conoscere l’importo presunto spettante… (clicca qui per il form di richiesta)