Il preavviso, previsto dall’art. 2118 del Codice civile è un istituto creato per tutelare la parte non recedente di un contratto a tempo indeterminato. Opera a tutela del datore di lavoro se è il dipendente a dimettersi, dando il tempo al primo di trovare un sostituto e/o riorganizzare l’attività lavorativa, tutela invece il lavoratore quando è il datore a voler chiudere il rapporto di lavoro dandogli il tempo di trovare una nuova occupazione. Siamo di fronte ad un’obbligazione alternativa che prevede la possibilità di proseguire il rapporto per il periodo previsto dalla contrattazione collettiva o quella di pagare l’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso. La determinazione della durata del preavviso e dell’indennità sostitutiva è definita dai CCNL in genere in base a livello, categoria e anzianità di servizio.
Esistono alcuni casi in cui il preavviso non è dovuto:
- recesso per giusta causa (2119 cc), in quanto la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto risulta impossibile
- risoluzione consensuale
- recesso durante il periodo di prova
- dimissioni in periodo protetto della madre dall’inizio della gravidanza e fino ad un anno dalla nascita del bambino o del padre in caso sia in congedo di paternità o, ancora, in caso di adozione o affidamento fino ad un anno dall’ingresso nel nucleo familiare
Il patto di prolungamento del preavviso
Per disincentivare le dimissioni o comunque avere più tempo per sostituire quei profili professionali particolarmente qualificati è possibile ricorrere al patto di prolungamento del preavviso, non solo in presenza dell’espressa previsione del CCNL applicato, ma anche, come sostenuto dalla Corte di cassazione (sent. 19080 del 18/07/2018), in assenza di questa ma con una “contropartita” economica per il dipendente, che risulti in un complessivo miglioramento della sua situazione. Chiaramente il preavviso può essere prolungato oltre i termini del CCNL nei limiti della ragionevolezza e non può tramutarsi in un onere eccessivo per il lavoratore.
Decorrenza
Il decorso del termine di preavviso, parte dal momento in cui è conosciuto dalla parte non recedente, salvo che la contrattazione collettiva non disponga diversamente, ad esempio potrebbe partire dal giorno successivo alla comunicazione di licenziamento o delle dimissioni oppure potrebbe decorrere dal primo giorno del mese o dal sedicesimo, inoltre i giorni potrebbero essere di calendario o di effettivo lavoro.
Rapporti con gli altri istituti
Secondo l’art. 2120 cc alla determinazione della retribuzione annua ai fini del TFR concorrono: tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese. Bisogna osservare come l’indennità sostitutiva del preavviso non è riferibile ad un periodo lavorato, la giurisprudenza di cassazione per questo si è orientata verso l’esclusione dell’indennità sostitutiva dalle voci che concorrono a formare il TFR (cass. 1581 del 19/01/2023).
Nel caso in cui vi siano cause di sospensione del rapporto di lavoro (malattia, infortunio, gravidanza e puerperio), la decorrenza del preavviso rimarrà sospesa finché perdurerà la causa per poi riprendere alla cessazione della stessa.
Ferie e preavviso sono tra loro incompatibili, altrimenti ciò si tradurrebbe in un indebito risparmio per il datore che così eviterebbe di pagare il preavviso pagando solo le prime, recando un danno al dipendente che abbia dato la propria disponibilità a lavorare.
Nel caso di recesso al termine del periodo formativo dell’apprendistato, il preavviso decorrerà successivamente alla conclusione dello stesso, la durata, non inferiore a 15 giorni, sarà determinata secondo le previsioni del CCNL per l’inquadramento che l’apprendista aveva nel periodo conclusivo dell’apprendistato.
In caso di licenziamento: preavviso lavorato o indennità sostitutiva?
Si tratta una scelta che impone di bilanciare gli aspetti organizzativi con quelli economici, ma se ci soffermiamo esclusivamente sull’aspetto economico indubbiamente è più vantaggiosa la corresponsione dell’indennità sostitutiva, infatti, mentre il preavviso lavorato comporta la maturazione dei ratei di ferie, mensilità aggiuntive, permessi, TFR, ecc. come da CCNL, e dunque è considerato una prestazione lavorativa a tutti gli effetti, l’indennità sostitutiva non è riferibile ad un periodo lavorato, avendo natura non retributiva ma risarcitoria, le voci di cui sopra, di conseguenza, non maturano ma sono dovuti solo la contribuzione INPS e il premio assicurativo INAIL sull’indennità sostitutiva.
La rinuncia al preavviso
La parte che “subisce” il recesso è titolare di un diritto al preavviso o, alternativamente, alla relativa indennità, a cui però può anche rinunciare, infatti, ormai è prevalente l’orientamento per cui il preavviso ha natura obbligatoria e non reale e, per questo, è liberamente disponibile. Ad esempio, in caso di dimissioni del lavoratore, il datore ha diritto al preavviso ma potrebbe decidere di rinunciarvi senza dover corrispondere alcuna indennità al primo (a meno che le parti non abbiano espressamente pattuito in maniera diversa!), dato che questo non può vantare alcun diritto alla prosecuzione del rapporto, in quanto dimissionario. In questo caso il rapporto di lavoro si interrompe immediatamente, portando all’estinzione della relativa obbligazione in capo al lavoratore, come un qualunque diritto di credito.
Quando l’indennità di preavviso è dovuta dalla parte non recedente?
- dimissioni per giusta causa
- dimissioni della lavoratrice madre entro il primo anno di età del bambino
- decesso del lavoratore
- dimissioni a seguito di dichiarazione di nullità del licenziamento a causa di matrimonio
Conclusioni
Il preavviso è posto a tutela della parte non recedente di un contratto a tempo indeterminato, ed è utile per fare fronte agli scompensi sul piano organizzativo dovuti alle dimissioni di un lavoratore. L’istituto, come abbiamo potuto constatare, non è così semplice e scontato come potrebbe apparire ad una prima occhiata, implica invece delle valutazioni di opportunità che dipendono dalle particolarità del singolo caso, ma per questo c’è il Consulente del Lavoro.