Pensionati “assunti” come Co.co.co. Facciamo il punto!

Pensionati “assunti” come Co.co.co. Facciamo il punto!


È evidente che reperire manodopera specializzata stia diventando sempre più arduo, specialmente nel settore delle attività operative e produttive. Professioni come saldatori, manutentori, installatori di impianti elettrici e idraulici, carpentieri e falegnami sono sempre più rare. Per non parlare dei consulenti It e dei “formatori” aziendali..

Quando un lavoratore con queste abilità raggiunge la pensione e lascia l’azienda, spesso si perde una figura con un’esperienza e una competenza tali da risultare difficilmente sostituibile.

Di conseguenza, una domanda frequente è come poter riassumere questi lavoratori dopo il pensionamento.

Con l’articolo di oggi volevo sgombrare il campo e chiarire perché secondo me non rappresenta una soluzione ottimale per l’Imprenditore e per l’Azienda assumere un ex lavoratore dipendente attraverso un Contratto di Collaborazione Coordinata e Continuativa (Co.co.co.) . Magari in un prossimo articolo parlerò invece di quale potrebbe essere una soluzione…

La spiegazione più immediata, spesso non riconosciuta dagli stessi imprenditori che vogliono assolutamente “riprendersi” il lavoratore, è che questi “professionisti” , che fino a ieri svolgevano un lavoro subordinato che li ha condotti alla pensione, continueranno spudoratamente a svolgere le stesse mansioni, ma con una veste formale diversa. Questo implica che, in caso di un’ispezione da parte dell’INPS o dell’Ispettorato del Lavoro, sarà estremamente complesso dimostrare che l’attività dei collaboratori coordinati e continuativi (Co.co.co.) sia effettivamente autonoma.

È di scarsa utilità specificare nel contratto che l’attività lavorativa dell’ex pensionato è svolta senza alcun vincolo di subordinazione, che si tratta di una mera attività formativa per preparare altre maestranze, o addirittura indicare altre attività o competenze solo per sviare la correlazione con il passato. (stiamo parlando di un ex dipendente)

Partendo dal presupposto, del tutto personale, che gli ispettori preposti alla vigilanza potrebbero non essere molto “aggiornati” sulle dinamiche di un cedolino paga, è comunque certo che sanno distinguere un contratto di collaborazione coordinata e continuativa (Co.co.co.) genuino da uno simulato. In questo contesto, una variabile determinante è proprio il lavoratore e quello che potrebbe rispondere in caso di interrogatorio.

Facciamo un passo indietro e capiamoci bene su cos’è un Co.co.co.!

Le collaborazioni coordinate e continuative (Co.co.co.) sono una forma di rapporto di lavoro regolata dall’art. 2 comma 1 del D.Lgs. 81/2015, e sono caratterizzate da una prestazione lavorativa continuativa e prevalentemente personale, svolta in coordinamento con il committente, ma senza vincolo di subordinazione.
Termini come Autonomia, Collaborazione, Coordinamento sono stati oggetto di attente analisi da parte della giurisprudenza di legittimità, al punto che oggi la vera linea di confine tra il lavoro subordinato ed il lavoro autonomo sta nel confronto tra chi valorizza la etero-organizzazione – o, se si preferisce, il potere organizzativo rispetto al potere direttivo – al fine di individuare una disciplina per questo tipo di rapporto parzialmente diversa da quella del lavoro subordinato, e chi invece nega autonoma rilevanza all’etero-organizzazione e ritiene che a questi rapporti continuativi e organizzati dal committente debba essere applicata, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, la disciplina del lavoro subordinato, salvo casi particolari…(lavoro sportivo su tutti)

Ma che cos’è l’ “etero-organizzazione”?

Si è in presenza di una etero-organizzazione quando il lavoratore pur risultando “sulla carta” formalmente autonomo, rientra di fatto nell’organizzazione produttiva del committente. In pratica l’attività del Co.co.co è legata alle direttive , all’organizzazione, alle esigenze del committente.. Pensiamo ad esempio alla figura del “tecnico di manutenzione”. Questi svolgerà un attività che è imprescindibilmente legata all’organizzazione del committente se non altro per i luoghi dove intervenire, per gli orari e per le modalità di esecuzione delle riparazioni…

E..l’etero-direzione?

Questa è una delle condizioni più frequenti nelle Collaborazioni coordinate e continuative, e si riferisce ad una situazione in cui un individuo (ex lavoratore subordinato) lascia che le proprie azioni siano guidate da altri..In pratica si è in presenza di etero-direzione quando un lavoratore pur essendo formalmente “autonomo” è di fatto soggetto a delle direttive ed al controllo delle sue attività quotidiane dal committente che ne limitano l’autonomia operativa.

Tornando al nostro pensionato..

In linea teorica, se vengono rispettati i parametri dell’autonomia, escludendo la eterodirezione e la etero organizzazione da parte del committente, e volendo riconoscere al lavoratore la piena e totale autonomia di gestione , possiamo affermare che il Co.co.co con un pensionato è sostanzialmente fattibile .

Tuttavia, dobbiamo essere più realistici che utopistici. Il nostro pensionato, portatore “sano” di esperienza, capacità, conoscenza e attitudine, se reinserito in azienda e quindi nell’organico, continuerà a svolgere le stesse mansioni che ha sempre svolto. E’ inutile negarlo!! Questo è sufficiente a ricondurre il contratto alla irregolarità e quindi alla subordinazione.

…e se vogliamo aggiungere la classica ciliegina…

Un altro motivo per non assumereun ex lavoratore subordinato con un Co.co.co ce lo spiega una sentenza della Cassazione (sent.14417/2019) che sostiene che la cessazione dal rapporto subordinato come condizione per ottenere la pensione debba essere effettiva e quindi, se seguita senza soluzione di continuità o a ridosso del precedente rapporto da una riassunzione con le stesse condizioni precedenti, si presume sia un rapporto simulato allo scopo di aggirare l’obbligo di cessare il rapporto dipendente.



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