Ore viaggio o trasferta?? Questo è il dilemma…

Ore viaggio o trasferta?? Questo è il dilemma…


Partiamo dalla definizione di entrambi gli istituti.

LE ORE DI VIAGGIO sono le ore impiegate dal lavoratore per raggiungere un luogo di lavoro diverso rispetto a quello abituale, per svolgere le sue mansioni.

LE TRASFERTE sono spostamenti temporanei e provvisori del lavoratore che viene comandato a prestare la propria opera in un luogo diverso da quello abituale…per svolgere le sue mansioni…

Entrambe le definizioni sono molto simili, al punto che possiamo dire che rappresentano le due facce della stessa medaglia.

Da un punto di vista “retributivo” come devo trattare le ore viaggio e le trasferte??

Andiamo per gradi: per capire se il datore di lavoro è tenuto a retribuire le ore viaggio e le trasferte nel caso in cui un lavoratore sia impiegato in “missione o trasferta” per raggiungere un luogo di lavoro diverso rispetto a quello abituale, dobbiamo avere chiaro il concetto di “orario di lavoro” e di mansioni…
Se il viaggio, ovvero il tempo per il viaggio, per raggiungere il luogo della prestazione di lavoro rientra nelle mansioni del lavoratore e nelle direttive impartite dal datore di lavoro, allora, le ore devono essere retribuite. Ad esempio, se devi inviare il lavoratore da un cliente per dargli assistenza, o se questi deve raggiungere un cantiere per fare degli interventi o dei montaggi. Ovvero raggiungere una fiera espositiva.

Infatti, secondo la legge, l’orario di lavoro è il momento in cui il dipendente è al lavoro, a disposizione del datore di lavoro per lo svolgimento delle mansioni assegnategli.

Pertanto, se lo spostamento è funzionale alle mansioni ed alle direttive impartite dal DL è sicuramente retribuito.

Di contro il “tempo”, ovvero le “ore” che il lavoratore impiega per andare al lavoro, inteso come luogo abituale del lavoro, quindi il tragitto casa-lavoro per intenderci, non è considerato “attività lavorativa” e pertanto non va retribuito… ne approfitto per precisare che in ogni caso , nel tragitto casa-lavoro, ugualmente se questo non è considerato attività lavorativa, anche se non è retribuito… viene considerato “lavoro” solo ai fini di un infortunio: il così detto “infortunio in itinere” tutelato dall’INAIL.

Ma arriviamo al dunque.

Le ore di viaggio abbiamo capito che vengono retribuite in forza delle definizioni di orario di lavoro di cui sopra. Di norma se lo spostamento, il viaggio per intenderci, è ricompreso nell’orario di lavoro normale del lavoratore, ovvero nelle 8 ore giornaliere, le ore di viaggio si “annegano” nella retribuzione giornaliera. Così se un lavoratore impiega 30 minuti per raggiungere il cantiere, lavora attivamente 7 ore (senza considerare la pausa per il pranzo), e poi impiega un’altra mezz’ora per rientrare in sede, verrà retribuito per la sola giornata intera di 8 ore: 1 ora di viaggio tra A/R e 7 ore di lavoro effettivo.
Diverso però è il caso in cui sempre quel lavoratore impiega 30 minuti per raggiungere il cantiere, lavora 8 ore (esclusa la pausa pranzo) e poi un’altra mezz’ora per tornare in sede. In questo caso i contratti collettivi e aziendali possono prevedere che le ore di viaggio vengano compensate con la normale retribuzione oraria o anche solo per una sua percentuale. Ad esempio, il CCNL industria Metalmeccanica prevede che le ore viaggio siano retribuite l’85% della paga oraria…Ma gli accordi aziendali possono anche elevare la % prevedendo condizioni di miglior favore per tutti i lavoratori ed in particolare, per esempio, per l’autista (si pensi all’operario che conduce il mezzo che trasporta i colleghi tutte le mattine nei vari cantieri)

E la Trasferta cosa c’entra con le ore di viaggio??

L’indennità di trasferta si somma alla paga oraria e ha la funzione di compensare il disagio, anche economico, che deriva dal fatto che il lavoratore non si sta recando nel solito luogo di lavoro. Il disagio economico è rappresentato dalle spese che il lavoratore incontra durante le trasferte, ovvero le missioni fuori dalla sua sede abituale di lavoro. Tale disagio non deve gravare sulle tasche del lavoratore e pertanto dovrà essere rifuso allo stesso attraverso un’indennità economica, avente carattere risarcitorio, e non retributivo, a copertura delle spese per il pranzo, la cena ovvero il pernotto. L’indennità di trasferta generalmente è forfettaria e gode di un particolare regime contributivo e fiscale. In pratica costa meno al datore di lavoro e viene percepita totalmente dal lavoratore perché non viene tassata. Con quell’importo il lavoratore, infatti, si dovrebbe spesare…durante l’intera durata della missione.

Sicuramente in tema di “trasferte” sarebbe opportuno fare degli specifici approfondimenti, (che farò) ma ciò che rileva oggi è la correlazione che c’è tra le ore viaggio e la trasferta. Soprattutto perché alcuni contratti prevedono che la trasferta possa ristorare il lavoratore anche dal disagio patito nell’essere “fuori sede”. Ad esempio, il CCNL del Terziario e Servizi, noto come “commercio”, prevede “una diaria non inferiore al doppio della quota giornaliera della retribuzione di fatto”. L’importo che ne deriva decisamente molto importante e generalmente supera le soglie previste dal TUIR in tema di esenzione fiscale e contributiva della trasferta. In questo caso la parte eccedente le soglie di esenzione sarà soggetta a prelievo contributivo e fiscale.
Ma anche il CCNL dell’Industria Metalmeccanica prevede l’obbligo di riconoscere una trasferta al lavoratore in missione: il rimborso del pranzo è dovuto se il luogo della trasferta è lontano più di 20 km dalla sede, stabilimento, laboratorio o cantiere dove abitualmente lavori… fissandone degli importi minimi.

Infine, se l’azienda paga con carta di credito tutte le spese di “trasferta” al lavoratore, (caffè e cappuccino, pranzo, cena, pernotto) quindi lo libera da ogni possibile onere a suo carico, potrebbe, (ma a sua discrezione) riconoscere un’indennità di trasferta o di disagiata sede in modalità autonoma e differenziata con l’avvertenza però che tale riconoscimento avrà natura “retributiva” e non risarcitoria, quindi senza nessuna agevolazione fiscale e contributiva.

Per meglio approfondire le varie casistiche il consiglio è sempre quello di consultarsi con il vostro Consulente del Lavoro di fiducia per trovare nelle pieghe delle normative la miglior soluzione nella fattispecie oggi trattata.



law

Comments

No comments yet. Why don’t you start the discussion?

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *