Il periodo di comporto Una garanzia per il lavoratore e… per il datore di lavoro

Il periodo di comporto Una garanzia per il lavoratore e… per il datore di lavoro


Nell’articolo di oggi tratteremo il tema del periodo di comporto, cioè quel periodo di assenza dal lavoro del dipendente a causa di malattia o infortunio, oltre il quale il datore di lavoro ha il diritto di recedere dal contratto, come previsto dall’art. 2110, comma 2, del Codice civile. Se vogliamo vedere il comporto da un’altra prospettiva possiamo dire che è un lasso di tempo “entro” il quale il lavoratore conserva il diritto al mantenimento del rapporto di lavoro senza correre il rischio di essere licenziato.
Per quanto appena detto, il periodo di comporto ha una doppia valenza positiva: da una parte è una garanzia per la conservazione del posto di lavoro per il lavoratore mentre è impossibilitato a lavorare, dall’altra lo è per il datore, che non può essere costretto a farsi carico di un dipendente che non può lavorare per un tempo indefinito.

Tipi di calcolo del comporto

I contratti collettivi possono prevedere due tipologie di calcolo del comporto:

  • il comporto secco: si riferisce ad un unico episodio di malattia o infortunio che, se porta ad un’assenza dal lavoro per un numero di giorni consecutivi superiore a quanto previsto dal contratto collettivo, permette al datore di lavoro di procedere al licenziamento per superamento del periodo di comporto.
  • il comporto per sommatoria: nel calcolo dei giorni di assenza da lavoro per malattia o infortunio vengono tenuti in considerazione più episodi, normalmente nell’arco di tempo dei 3 anni precedenti l’ultimo evento. Se il CCNL non dovesse prevedere un comporto per sommatoria, questo può essere stabilito secondo equità dal giudice, facendo riferimento ai 3 anni precedenti all’ultimo episodio morboso.
Punto di attenzione per i part-time

Va ricordato che la durata del comporto non cambia in caso di part-time orizzontale (dal lunedì al venerdì) ma solo nel caso di part-time verticale, (es: Lun – Merc – Ven) dove il lavoratore non lavora tutti i giorni; pertanto, il comporto va ridotto o dal CCNL o dal giudice in via equitativa, in assenza di una previsione espressa del primo. Nel calcolo vengono conteggiati anche i giorni festivi, vigendo una presunzione di continuità del fenomeno morboso, che viene interrotta dal rientro in servizio.

Malattie escluse dal comporto

Non tutte le malattie e gli infortuni sono computabili ai fini del comporto! La verifica verrà effettuata dal medico competente, su richiesta del lavoratore informato dell’avvenuto superamento del periodo di comporto; infatti, il datore di lavoro non può conoscere il contenuto medico dei certificati di malattia. Vanno esclusi i periodi di:

  • malattia o infortunio causati dalla violazione di norme relative alla salute ed alla sicurezza da parte del datore di lavoro
  • congedo per cure per gli invalidi (con riduzione della capacità lavorativa >50%) che per ogni anno possono fruire di un congedo complessivamente non superiore a 30gg (art.7 d.lgs. 119/2011)
  • malattia causata da gravidanza
  • assenza per gravi patologie che richiedono terapie salvavita

Rimanendo in tema esclusione dal computo, vi è un recente orientamento della Corte di cassazione (Cass. 31 marzo 2023 n. 9095 e 21 dicembre 2023 n. 35747) secondo cui è nullo, per discriminazione indiretta, il licenziamento per superamento del periodo di comporto del lavoratore disabile a cui non siano state scomputate le assenze collegate alle patologie derivanti dalla sua disabilit.

Si può evitare il superamento del periodo di comporto?
  • la fruizione delle ferie residue, in questo modo si supera quella che normalmente è l’incompatibilità tra ferie e malattia, il datore non può opporsi se non per esigenze effettive e concrete, che poi sarà tenuto a provare in giudizio in caso di contestazione del dipendente
  • l’aspettativa non retribuita, se prevista dal CCNL applicato
  • il congedo per gravi e documentati motivi di cui all’art. 4, comma 2, della legge 53/2000, relativi a particolari patologie che riguardano il dipendente, che può essere fruito per massimo due anni, anche non continuativi. Durante questo periodo il lavoratore conserva il posto di lavoro senza diritto alla retribuzione e non può svolgere alcuna attività lavorativa, inoltre non è computato ai fini dell’anzianità di servizio né ai fini previdenziali.
Il licenziamento per superamento del periodo di comporto

Il datore di lavoro acquisisce il diritto di recedere dal contratto nel momento in cui viene superato il periodo di comporto, per evitare però che ciò si risolva in una rinuncia implicita all’esercizio del diritto è bene fare attenzione sia alla tempestività con cui viene comunicato il recesso, seppur non debba essere immediato, sia ad altre condotte che potrebbero far intendere tale rinuncia per fatti concludenti. Della serie: non posso far trascorrere troppo tempo dal superamento del periodo di comporto e tenermi tale opportunità come una carta da giocarsi quando ci pare e piace…
Il recesso va, come sempre, comunicato al lavoratore in forma scritta, nella lettera deve essere evidenziato il superamento del comporto contrattualmente previsto, precisando il numero totale delle assenze effettuate in quel periodo, non serve quindi un elenco “analitico” delle assenze, che deve però essere consegnato al lavoratore in caso ne faccia richiesta. Questo tipo di recesso non è da considerarsi come licenziamento per giustificato motivo oggettivo ma ne condivide l’aspetto per cui non richiede una contestazione completa, che invece è necessaria nel caso di licenziamento disciplinare. Il datore è tenuto anche al rispetto del preavviso, che… prudenzialmente va pagato!

In caso di licenziamento senza che vi sia stato un effettivo superamento del periodo di comporto, questo è da considerarsi nullo e pertanto il giudice disporrà la reintegra nel posto di lavoro, se invece il licenziamento è disposto per altri motivi ma in corso di malattia, il licenziamento produrrà i suoi effetti solo dopo il termine dell’episodio morboso. L’impugnazione del licenziamento non è soggetta al normale termine di decadenza di 60gg (art.6 l.604/1966) ma al termine di prescrizione decennale (Cass. 28 gennaio 2010 n. 1861).

Conclusioni

Il comporto è un tema complesso che richiede particolare attenzione, proprio perché il suo superamento può portare alla fine del rapporto di lavoro e molteplici sono gli aspetti da considerare per procedere correttamente: dal calcolo all’esclusione di determinati periodi, dalle richieste del lavoratore alle particolarità del licenziamento per superamento del periodo di comporto, e anche e soprattutto dall’interpretazione dei CCNL che spesso non sono così chiari e trasparenti…Per conciliare tutti questi elementi senza che vi siano contestazioni da parte del dipendente è sempre buona prassi confrontarsi con il proprio Consulente del Lavoro di fiducia.



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