Dimissioni per fatti concludenti: i lavoratori “furbetti” alla resa dei conti

Dimissioni per fatti concludenti: i lavoratori “furbetti” alla resa dei conti


Il Collegato lavoro pubblicato in G.U. il 13 dicembre scorso entrerà in vigore il 12 gennaio ’25 con interessanti novità attese da Aziende e Professionisti. Tra queste vi è senza alcun dubbio una presa di posizione per quei lavoratori che intendono fare i “furbetti” non presentandosi al lavoro per essere licenziati ed ottenere la Naspi.

Infatti, secondo le normative attuali, un dipendente non può essere considerato dimissionario se non completa la procedura telematica di convalida al Ministero del Lavoro, anche se comunica e manifesta chiaramente la sua intenzione di interrompere il rapporto di lavoro. Questa regola, introdotta per contrastare il fenomeno delle “dimissioni in bianco”, ha dei risvolti paradossali. Capita spesso che un dipendente smette di presentarsi al lavoro (perché ha trovato un altro impiego o semplicemente non vuole più continuare quel rapporto), comunica apertamente la sua decisione, ma rifiuta di completare la procedura telematica. Il datore di lavoro non può fare altro che licenziarlo per motivi “disciplinari”, attivando la procedura della contestazione per assenza ingiustificata così come previsto da tutti i CCNL. Il paradosso è che licenziando il lavoratore per assenza ingiustificata e prolungata dal lavoro, il datore deve pagare il cosiddetto ticket licenziamento, (oggi pari ad € 1.916,01) ed il lavoratore licenziato può tranquillamente accedere al sussidio dell’INPS meglio noto come assegno Naspi, che può arrivare anche a 23/24k lordi per due anni.
Oggi questo fenomeno è stato contrastato dalle così dette: “DIMISSIONI PER FATTI CONCLUDENTI”.

La nuova norma stabilisce che l’assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo applicato, o in mancanza di indicazione contrattuale per oltre 15 giorni, comporta la risoluzione del rapporto di lavoro per volontà del lavoratore. Tuttavia, queste dimissioni non si applicano se il lavoratore dimostra l’impossibilità di comunicare i motivi dell’assenza per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro.
Le cause di forza maggiore sono eventi imprevedibili e inevitabili che impediscono l’adempimento delle obbligazioni contrattuali. Questi eventi devono essere esterni alla volontà delle parti coinvolte e non derivare da negligenza o imprudenza. Parliamo di terremoti, alluvioni, uragani, tempeste, eruzioni vulcaniche, oppure eventi originati dall’uomo come le guerre le rivolte gli scioperi oppure atti terroristici. Volendo sbizzarrirci rientrano tra gli eventi “estranei” anche le epidemie o le pandemie o anche misure governative straordinarie. (i famosi DPCM di Conte)
Naturalmente questi eventi devono rendere oggettivamente impossibile l’adempimento delle obbligazioni, non solo più oneroso o difficile.

In sintesi, le dimissioni per fatti concludenti comportano:

  1. l’esclusione del datore di lavoro dall’obbligo di versare il contributo NASpI
  2. la facoltà per il datore di lavoro di trattenere dalle competenze di fine rapporto l’indennità di mancato preavviso
  3. l’impossibilità per il lavoratore di fruire della NASpI.

Procedura

In caso di assenza ingiustificata protratta oltre i termini previsti dal CCNL, o in mancanza di previsione contrattuale per un periodo superiore a 15 giorni lavorativi, il datore di lavoro dovrà:

  • Inviare una comunicazione all’Ispettorato del Lavoro, che può effettuare accertamenti; In tal caso saranno valide tutte le modalità previste, dalla pec istituzionale Territoriale reperibile nel sito (www.ispettorato.gov.it) alla raccomandata con ricevuta di ritorno alla consegna brevi manu
  • Effettuare, entro i 5 giorni successivi alla data di decorrenza della cessazione, la comunicazione obbligatoria telematica al Centro per l’Impiego. Il giustificativo del recesso dovrà essere: “dimissioni volontarie” considerando il rapporto risolto per volontà del lavoratore senza l’applicare la procedura telematica di dimissioni.

Attenzione: la cessazione del rapporto di lavoro per “dimissioni per fatti concludenti” deve avvenire verificando che il lavoratore non si presenti al lavoro secondo quanto previsto dall’articolo del CCNL relativo alle assenze ingiustificate, che può variare a seconda del contratto. Ad esempio, nel settore Metalmeccanico industria, le assenze devono essere “oltre” 4, quindi almeno 5. Nel settore Terziario Confcommercio, devono essere “oltre” 3, quindi almeno 4.

Il lavoratore può dimostrare l’impossibilità di comunicare il motivo dell’assenza per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro.

Una volta consolidate, le dimissioni per fatti concludenti comportano:

a) L’esclusione del datore di lavoro dall’obbligo di versare il contributo NASpI, dovuto solo in caso di licenziamento

b) La facoltà per il datore di lavoro di trattenere dalle competenze di fine rapporto l’indennità di mancato preavviso

c) L’impossibilità per il lavoratore di fruire del trattamento di NASpI, che spetta solo se il lavoratore ha perso il posto involontariamente per recesso del datore di lavoro o in caso di dimissioni equiparate al licenziamento (giusta causa).

Nuove regole per la NASpi (Legge di Bilancio 2025)

Sempre in tema di NASpi, questa volta è la legge di bilancio 2025 a prevederlo, ha introdotto un emendamento al fine di prevenire e limitare quelle situazioni ormai diffuse in cui il lavoratore “furbetto” (sempre lui), a seguito della perdita volontaria del posto di lavoro, si faceva assumere da un altro datore di lavoro e successivamente licenziare per accedere così alla NASPI

La regola fino ad oggi per beneficiare dell’indennità (NASpi) prevede che oltre alla condizione di disoccupazione involontaria, il lavoratore deve aver versato almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti la perdita involontaria del lavoro.

A partire dal 1° gennaio 2025, l’emendamento approvato modifica questa disposizione, stabilendo che, se il lavoratore si dimette volontariamente da un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e nell’arco dei 12 mesi successivi viene assunto da un nuovo datore di lavoro e da questi licenziato, il lavoratore stesso deve poter vantare almeno 13 settimane di contribuzione relativamente all’ultimo rapporto di lavoro. Questa novità mira, come detto, a prevenire e limitare il fenomeno, ormai diffuso, per cui, in caso di dimissioni, il lavoratore, sfruttando un datore di lavoro compiacente, si fa assumere, e, successivamente licenziare, questo per favorire la disoccupazione involontaria del lavoratore e fargli maturare il diritto di ricevere la NASPI.



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