Il patto di prova, previsto all’articolo 2096 del cc, prevede un periodo durante il quale ciascuna delle due parti del rapporto di lavoro può recedere senza alcun obbligo di preavviso semplicemente comunicandolo all’altra, meglio in forma scritta seppur non sia obbligatoria.
Il periodo di prova è dunque un mezzo per valutare la reciproca convenienza del rapporto di lavoro. Trascorso il periodo di prova l’assunzione diviene definitiva e il servizio prestato viene regolarmente computato nell’anzianità del lavoratore.
P.S.: il periodo di prova esiste solo se il contratto di lavoro viene regolarizzato!!
Lo so sembra una ovvietà, ma è meglio sempre precisare che la “prova” e la successiva “messa in regola” NON sono due momenti distinti, ma contestuali. Vediamo perché!
Forma e durata
Il patto di prova deve necessariamente risultare da atto scritto (in genere il contratto di lavoro), anteriore o contestuale all’assunzione e deve essere sottoscritto da entrambe le parti, a pena di nullità, definito in modo chiaro e specifico, con l’indicazione puntuale delle mansioni per cui sarà svolto.
Attenzione_1: anteriore o contestuale perché, se successivo alla sottoscrizione del contratto di lavoro è nullo con conseguente definitività dell’assunzione
Attenzione_2: se le mansioni effettivamente svolte sono diverse da quelle oggetto della prova, il patto sarà nullo …come sopra…
Durata massima
La durata massima fissata dalla legge è di 6 mesi, ma la contrattazione collettiva può prevedere durate inferiori, in genere definite a seconda dell’inquadramento del dipendente (art. 7, comma 1 del d.lgs. 104/2022), chiaramente le parti rimangono libere di prevedere una durata inferiore, in quanto migliorativa per il lavoratore. I CCNL possono prevedere che il computo avvenga per giorni di calendario o per giorni di lavoro effettivo. Inoltre, è anche possibile la pattuizione di una durata minima della prova prima della quale le parti non possono recedere.
Prolungamento del patto di prova
In caso di sopravvenienza di eventi quali malattia, infortunio, congedo di maternità o paternità obbligatori, ma anche, ad esempio, sciopero, congedi e permessi di cui alla legge 104/1992, il periodo di prova viene prolungato in misura corrispondente alla durata dell’assenza.
Casi di illegittimità del licenziamento durante il periodo di prova
- L’obbligazione che il datore di lavoro assume nel momento in cui le parti concordano il patto di prova è quella di dare la possibilità al lavoratore di dimostrare le proprie capacità nella mansione per cui è stato assunto, pertanto, se il datore dovesse recedere troppo in fretta, il lavoratore non potrebbe concretamente essere valutato e quindi il licenziamento sarebbe illegittimo perché, nei fatti, non è stato consentito l’esperimento del patto di prova
- In caso di omissione di attribuzione delle mansioni, si rientra ancora nel caso in cui il lavoratore non è messo in condizione di esperire il periodo di prova
- Illegittimo è anche il licenziamento in prova del lavoratore assunto con il collocamento obbligatorio, che si dimostri dipendere da considerazioni relative al minor rendimento dovuto alla disabilit
- Nel caso in cui il patto di prova non risulti da atto scritto, come abbiamo visto, sarà nullo, di conseguenza, se il datore recede senza giusta causa o giustificato motivo, si tratterà di un licenziamento illegittimo.
- Motivo del recesso in periodo di prova, seppur non illecito, estraneo al rapporto di lavoro
L’onere della prova di queste situazioni grava sul lavoratore e la tutela applicata in caso di licenziamento in prova con patto nullo è quella risarcitoria (Cass. 20239 del 14/07/2023).
Prova e contratti a termine
Va fatta una precisazione per i contratti a termine, dato che talvolta possono avere durata inferiore o uguale a quella del periodo di prova previsto dal CCNL, in questi casi si dovrà riproporzionare la durata del periodo di prova, la legge non dà indicazioni precise sulle modalit, per cui si dovrà ricorrere ad una soluzione ragionevole che eviti che il periodo di prova abbia una durata uguale o addirittura maggiore alla durata del contratto.
Reiterazione
Va chiarito che, quando parliamo di rapporti di lavoro presso lo stesso datore e relativamente alle stesse mansioni, non è ammessa la reiterazione del periodo di prova, vanno contati come precedenti rapporti non solo i rapporti a tempo determinato ma anche quelli in somministrazione nonché eventuali rapporti a tempo indeterminato a cui siano seguite le dimissioni.
Ciò significa che, presso lo stesso datore, sarà possibile applicare un nuovo periodo di prova solo qualora non sia stato superato in una precedente occasione (e salvo abusi quali sfruttare in modo pretestuoso il non superamento del periodo di prova per eludere la disciplina relativa al licenziamento!) oppure nel caso in cui le mansioni assegnate al dipendente siano diverse dalle precedenti.
Conclusioni
Il periodo di prova rappresenta un’occasione per le parti di un rapporto di lavoro per valutarne la convenienza, ma va sempre prestata attenzione alla forma scritta, al dettato dei CCNL in ordine alla durata della prova, alla presenza di precedenti rapporti con lo stesso datore per le stesse mansioni.
Infine, si deve tenere conto dell’importanza di determinare chiaramente le mansioni a cui si riferisce e di garantire in concreto la possibilità al lavoratore di dimostrare le proprie capacità, ciò ai fini della genuinità del patto di prova e per evitare eventuali azioni del lavoratore.
Insomma, un bel po’ di cose da tenere sott’occhio con l’aiuto del proprio Consulente del Lavoro di fiducia.